CIOCIARIA : IL MITO E LE ORIGINI
La Ciociaria, storica e vasta estensione del Lazio
meridionale , accanto al paesaggio suggestivo,presenta una caratteristica
comune a quasi tutti i suoi centri abitati: la presenza di nuclei fortificati da mura
megalitiche, al pari di molti altri siti
nel mondo ( Hattusas, Micene, Tirinto ecc…).
Queste antichissime mura, impressionanti nella loro grandiosità ed
eseguite con una perfezione tecnica assolutamente sorprendente per il tempo in
cui vennero edificate, hanno rappresentato, per gli studiosi di tutte le epoche,
un enigma: come sono arrivate fin lì? Quali popoli hanno adoperato una così
ricercata tecnica costruttiva e se non autoctoni da dove venivano? Quale è il
significato di tali fortificazioni, l’uso e l’orientamento?
Attribuire una datazione precisa è forse azzardato, ma si
può avvicinarsi senz’altro approssimativamente al periodo in cui sorsero tali
edificazioni.
Secondo il mito, furono i popoli del mare, detti Pelasgi o Hetei, a colonizzare il territorio,
forse provenienti dell’Asia Minore. La
Pelasgia è infatti l’antica denominazione della Grecia, come tramandato da
Erodoto ed Omero, e gli scavi di Catal Huyuk in Turchia provano che questi
popoli migrarono dall’Asia Minore nel IV
millennio a. C. verso la Penisola greca e più tardi lungo tutto il bacino del
Mediterraneo. Essi si sovrapposero agli aborigeni ( secondo Tucidide e Dioniso
provenienti dalla Grecia) prima dell’era micenea i quali, come narra Enotrio, disponevano di
insediamenti prive di mura difensive. Al contrario i Pelasgi per difendere i
loro villaggi in riva al mare usavano edificare alte fortificazioni. Tucidide
(I 7,1) scrive: “Quelle città che furono
fondate per ultime e che acquistarono maggiori ricchezze con lo sviluppo della
marineria furono costruite con le mura sulla spiaggia stessa del mare e
occuparono gli istmi per favorire i loro traffici”.
Probabilmente i popoli del mare arrivarono in Italia ed
importarono la loro tecnica edile appresa dalla civiltà micenea,come dimostrano
le impressionanti similitudini architettoniche con Micene e Tirinto.
Il maggior fiorire di quest’opera poligonale si data tra il
1330 e il 1200 a.C.
Le fortificazioni si estesero nel territorio esteso tra il
fiume Liri ed Il Tevere e compresero diversi centri della Ciociaria da
Ferentino ad Anagni . Molti centri abitati della Ciociaria preromana sono cinti
da mura poligonali megalitiche, che
hanno poi inglobato le successive cittadine medioevali.
I grandi blocchi poligonali sono di calcare ( silex, come
dall’iscrizione dell’acropoli di Ferentino), ed il loro taglio irregolare era
dovuto alla difficoltà riscontrata nella durezza del materiale di cui erano
composti.
I blocchi erano di varie dimensioni e partivano da conci di
diverso peso estratti da molteplici cave. Si partiva prima da una “ sbozzatura”
del concio con asporto degli spigoli
vivi quindi tali blocchi venivano trasportati per scivolamento verso il luogo
su cui si voleva edificare. Successivamente si iniziava a porre una prima fila
di pietre , facendo attenzione alla stabilità verticale ed alle
sollecitazioni orizzontali ( in genere si preferiva raddoppiare la fila
di blocchi), in seguito si iniziava a sovrapporre i massi calcarei facendoli
combaciare, a secondo della loro forma, come in un puzzle perfetto, così da
avere un’ottima staticità ed un’estetica
piacevole.
La costruzione non prevedeva malta o legante di alcun
genere, secondo una tecnica detta muro “a secco”. Le mura formavano una
fortificazione di carattere difensivo unitaria ed invalicabile che si snelliva
soltanto per i passaggi per gli abitanti, gli animali e le armi di difesa.
Queste porte , che mostrano gli stipiti realizzati con blocchi più grandi
perfettamente lavorati, tendono a restringersi verso l’alto, come a ridurre
l’ampiezza dell’apertura,a volte formando un’ogiva. Spesso , consapevolmente
alla pericolosità del nemico,erano decorate negli stipiti da simboli fallici a
protezione scaramantica dell’abitato.
Oltre alle porte vi erano le posterule, ovvero aperture di
dimensioni minori che non si
affacciavano sulle vie principali ma venivano usate per favorire il lavoro
agricolo. I fognoli, infine, erano modeste aperture per le uscite dei canali di
scarico di acque piovane e di liquami urbani.
Questo tipo di
fortificazioni si sviluppò fino ad arrivare a perfezionismi di stile, come
l’evoluzione del bugnato, e ad una produzione, potremmo dire oggi, su scala
industriale. Gli ultimi esempi di mura poligonali, in Ciociaria, si riscontrano
ancora nel I sec. A.C. ad Alatri, nella prossimità della Porta di San
Benedetto.
Le mura ciclopiche furono per secoli definite tali in quanto
riferentesi al mito del Dio Saturno .
Alatri, ad esempio, l’antica “Aletrium”, era con Anagnia,
Ferentinum, Arpinum e Atina una delle
città “saturniae” ovvero fondate da Saturno, il dio dell’agricoltura, dopo che
questi fu scacciato dall’Olimpo per volere di Zeus (Eneide, libro VII, 452).
I Ciclopi, nella mitologia fratelli di Saturno, lo
aiutarono, con la loro possente forza ,a costruire le imponenti mura
megalitiche che, secondo i più recenti studi di archeoastronomia ,corrispondono
a precisi allineamenti astronomici.
E’ infatti notevole la precisione geometrica frutto di calcoli matematici che, come nel
caso delle due Porte( Maggiore e Minore)di Alatri, che rispondono, nella
relazione tra altezza e larghezza ,alla sezione aurea. Proprio Alatri fu edificata
seguendo il tragitto della prima luce solare del 21 giugno, quindi nel
solstizio d’estate.Nello spigolo nord
est dell’Acropoli, infatti sorge il sole del sostizio d’estate; percorre poi
tutta la città vecchia per giungere nello spigolo più a meridione il 21 dicembre
esattamente in pieno solstizio d’inverno
.
Queste precise conoscenze astronomiche hanno portato gli
archeologi a cercare un’origine molto antica dei Pelasgi: probabilmente
derivano da popoli della Mesopotamia ed importarono le loro tecniche
costruttive nel territorio ciociaro.
E’ interessante, seppur
ipotetico, a tal riguardo, uno studio in cui la traduzione di due tavolette (
ora nel museo archeologico di Damasco)
rinvenute presso Tell Hariri, nello stato mesopotamico di Mari, nel
palazzo reale di Zimri-Lim,che riporta delle informazioni , date dal re di
Mari, Shamsi-Adat, al figlio Yasmakin, sulla costruzione delle fortificazioni
di Alatri. Le tavolette , tradotte in francese da J. M. Durand, presentano una
caratteristica comune: in entrambe viene citata una città, posta lungo la
strada carovaniera, a nord ovest della Mesopotamia, ai confini con l’impero
hittita. Le due tavolette che citano la città di Alatri presentano le
iscrizioni “ A-la -at-re-eki” ed “A-la-at-ru-uki” e, nella prima tavoletta , al
re Samsi- Adad viene data notizia dell’esistenza della città
fortificata di Alatri: “ Alatri è forte; i suoi bastioni sono quelli antichi, e
non ne sono stati costruiti altri. Io conosco bene questa città : ci sono
passato tante volte. Posso dire con certezza che è costruita su di un’altura e
che i suoi bastioni sono enormi.” E’ possibile quindi che già in epoca mesopotamica
esistesse una città chiamata Alatri e forse proprio i popoli originari di
quelle terre vennero a edificare le cittadine laziali seguendo le tecniche
costruttive a loro note.
Il mito e le origini della Ciociaria , forse, si perdono e ,nello
stesso tempo, prendono vigore dalll’antica civilta’ mesopotamica e la sua
conoscenza è giunta intatta fino a noi ,
ammantata da un alone di mistero che
affascina da sempre i visitatori di questa straordinaria terra.