LA
DAMNATIO MEMORIAE DI FULVIA PLAUTILLA
“Che
il ricordo dell’assassino e del gladiatore sia cancellato del tutto. Lasciate
che le statue dell’assassino e del gladiatore siano rovesciate. Lasciate che la
memoria dell’osceno gladiatore sia completamente cancellata. Gettate il
gladiatore nell’ossario. Ascolta o Cesare: lascia che l’omicida sia trascinato
con un gancio, alla maniera dei nostri padri, lascia che l’assassino del Senato
sia trascinato con il gancio. Più feroce di Domiziano, più turpe di Nerone. Ciò
che ha fatto agli altri sia fatto a lui stesso. Sia da salvare invece il
ricordo di chi è senza colpa. Si ripristino gli onori degli innocenti, vi
prego.”
Questo
brano, tratto dall’ ”Historia Augusta, definisce, con molta chiarezza ,una
odiosa pratica in atto nell’impero romano: la condanna , post mortem, alla
cancellazione del ricordo del defunto, ossia la “damnatio memoriae”. La
punizione, solitamente inflitta dal Senato, consisteva nel far perdere qualsiasi traccia di un
personaggio pubblico che aveva detenuto,fino alla sua morte, il potere o un
certa maiestas. Il procedimento subiva
delle scansioni ben precise: alla eliminazione del praenomen da tutte le
iscrizioni seguiva la rescissio actorum, ovvero la distruzione di tutte le
opere realizzate in vita dal condannato, fino alla cancellazione materiale
della sua immagine pubblica ( monete abrase, iscrizioni scalpellate, statue
decapitate o deturpate).
Questa
consuetudine, diciamo così, fu perpetuata nei secoli a seconda delle vicende
storiche e politiche dell’Impero Romano. Una famosa damnatio memoriae resta
quella dell’imperatore Commodo, a cui seguì a distanza di soli due anni una
riabilitazione in toto, l’apoteosi ( cui fa riferimento l’estratto iniziale del
nostro articolo). Ma solitamente la damnatio memoriae restava una eterna
condanna che imponeva il silenzio sull’hostis pubblico un tempo osannato.
Tale
pratica non risparmiò le figure femminili dell’impero, donne, compagne di
uomini potenti tavolta vittime talvolta non scevre da responsabilità storiche.
Tra
queste singolare è la figura di Fulvia Plautilla (c.182-212),figlia del
prefetto Gaio Fulvio Plauziano,coadiutore di Settimio Severo. Nel 202 sposò
l’allora quattordicenne Caracalla, acquisendo così il titolo di Augusta. Lo
sposo era tutt’altro che attratto da lei ed il banchetto nuziale si svolse,
come narrano Cassio Dione ed Erodiano, in un clima forzatamente fastoso ed
incivile. I due divorziarono nel 205, senza aver mai condiviso il talamo e
senza aver mai banchettato insieme, a causa del rifiuto di Caracalla.
Plautilla
venne confinata in esilio a Lipari, assieme a suo fratello Gaio Fulvio Plauzio
Ortensiano e per alcuni anni fu sotto la
protezione di Settimio Severo che si oppose sempre alla sua esecuzione, ma alla
morte di quest’ultimo, Caracalla la fece giustiziare tra il 211 ed il 212,
condannandola per sempre alla damnatio memoriae. La cancellazione del suo
nome e la distruzione delle sue immagini
pubbliche compaiono non prima del 212 quando verrà rimpiazzata,
nell’iconografia corrente, dalla suocera Giulia Domna. Che l’influenza di
Giulia Domna sia stata determinante in Plautilla lo dimostrano i ritratti antecedenti alla sua scomparsa,
testimoni di quel brevissimo periodo di regno a fianco di Caracalla: Plautilla
è raffigurata, nel suo ultimo periodo di vita, pettinata come la madre del suo
sposo imperatore.
In
realtà esistono ben cinque differenti tipologie ritrattistiche di Plautilla.
Nelle prime monete che la ritraggono, il nome di Plautilla è reso al dativo, ad
indicare che la coniazione è stata eseguita in suo onore. La sua immagine è
presenta i capelli divisi al centro e intrecciati in orizzontale e le cinque o
sette trecce raccolte in uno chignon dietro la testa. L’immagine ha i tratti
quasi infantili, il volto rotondo, la fronte lievemente inclinata e
arrotondata, gli occhi grandi sotto due arcuate sopracciglia, il naso camuso la
bocca con il labbro superiore sporgente.
Nelle
rappresentazioni successive l’imperatrice è raffigurata con i tratti
leggermente più maturi e meno rotondi ed il naso leggermente aquilino. La
pettinatura differisce da quella precedente per l’intreccio che corre
verticalmente o diagonalmente e non in senso orizzontale.
Più
tardi, nella terza iconografia la pettinatura si evolve con i capelli ondulati
che incorniciano il volto., fino ad arrivare in fasi successive, alla sua
ultima iconografia che ricorda verosimilmente quella della suocera Giulia
Domna.
La
straordinaria produzione ritrattistica di Plautilla fu dovuta all’influenza
potente di suo padre e sul suo potenziale ruolo di madre, genitrice della
futura dinastia dei Severi.
Esistono
molte riproduzioni dei primi, tre, per così dire, stili iconografici di
Plautilla, mentre non abbiamo un’altrettanto numerosa ritrattistica riferentesi
agli ultimi due stili, ciò dato probabilmente dagli anni di esilio a cui
Plautilla fu sottoposta.